"IL MULINO"


di Gialal ad-Din Rumi




Una bellissima poesia che si ispira al mulino si trova nel canzoniere di un antico poeta originario del Khorasan storico, nell'attuale Afghanistan, nato nel 1207. Si tratta di Gialal ad-Din Rumi, esponente del Sufismo, una corrente mistica dell'Islam, ritenuto uno dei più grandi mistici di tutti i tempi. Figlio di un sapiente, incontrò il suo maestro spirituale, secondo alcuni studiosi, a Konya, in Turchia, secondo altri, a Damasco. Questi si chiamava Shams-i Tabriz "Il Sole di Tabriz", un "pazzo sacro" di fascino indiscutibile, che, con la forza del pensiero, incendiò tutti i libri di Rumi e sostituì ad essi il suo prezioso insegnamento.
Le opere principali di Rumi sono il "Divan" o "Canzoniere" e il "Masnavi", un trattato di teosofia che ci permette di comprendere, dal punto di vista teorico, le sue concezioni. Nonostante sia tutto proteso verso Dio, Rumi non dimentica la bellezza del creato, ama profondamente la natura i cui elementi riflettono la bellezza dell'Artefice, ma, soprattutto, hanno un valore simbolico e rimandano all'essenza stessa di Dio che, in continuazione, rinnova e plasma il mondo, per cui i singoli fenomeni non sono che attimi. All'uomo non resta che "farsi Nulla", cioè umiliarsi totalmente ed unirsi misticamente a Dio, affinché Egli lo possa totalmente ricreare.

Un gorno Maulana Gialal ad-Din, insieme ad altri noti mistici e dotti del tempo, era andato a passeggiare in campagna. Ad un certo punto entrò in un mulino che si trovava in quei paraggi, e non ne usciva più. Stanchi di attendere, gli amici entrarono anch'essi e lo videro che danzava in tondo attorno alla macina del mulino. Maulana Gial ad-Din disse loro: -"Vi giuro che questa pietra di mulino canta le lodi di Dio!"-. Essi, infatti sentirono uscir dalla pietra l'invocazione:" Subbuh! Quddus!" Fu allora che Maulana intonò questa lode.


Come grano è il cuore, e noi siamo la macina del mulino:
che può sapere la macina di questo suo eterno girare?
Il corpo è come il sasso e l'acqua ne sono i pensieri e le pene;
dice il sasso: -"L'acqua sa quel che avviene..."-
E dice l'acqua: -"Chiedi al Mugnaio piuttosto,
ch'è lui che ha scavato il canale a far scendere l'acqua"-
E il mugnaio ti dice: -"O tu che mangi e ti nutri,
se non girasse la ruota come nascerebbe il pane?"-
Ma molte sono le cose che qui si potrebbero dire:
taci dunque, e chiedile, che te le dica, a Dio!

F, I, 113-114




COMMENTO:


Con ardita immagine il poeta afferma che "noi" siamo la "macina del mulino", usa quindi un'identità per definire la materia che compone il nostro corpo, in niente diversa dalla pietra di cui è fatta la mola; infatti in ciò che è materiale, secondo Rumi, è presente lo spirito, ma esso è come offuscato, inerte. L'acqua che muove la macina è, invece, la consapevolezza, quell'insieme di pensieri e di sofferenze che connotano l'essere uomo. E' l'acqua che spinge la macina a chiedere aiuto al Mugnaio, cioè è la consapevolezza che ci indirizza verso Dio. Dio, a sua volta, risponde che il pane può nascere solo se la mola gira; non basta, quindi, per il mistico Rumi, abbandonarsi a Dio, sono le nostre scelte a lavorare il, grano, cioè il nostro cuore, che si lascia "macinare", plasmare; se ben lavorato il nostro cuore "lievita" e produce buone cose che nutrono noi e gli altri. Dio può sempre rivelarci "le cose che si potrebbero dire"; solo Lui, dunque, se lo ascoltiamo in silenzio, può guidare le nostre scelte (che pure restano "nostre") in senso positivo.





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