L’area archeologica del
Monte Castellare 

LA  FASE  ETRUSCA

 

Come già accennato, la più antica frequentazione finora trovata sulla vetta del Monte Castellare avvenne all’inizio dell’età storica. Praticamente nulla si conosce per ora di questo episodio: i resti relativi a questo periodo, un piccolo spillone in bronzo, un rocchetto in ceramica e alcuni inequivocabili frammenti di vasi databili alla età del Ferro, sono troppo scarsi per indagare a fondo le ragioni di questa frequentazione.

Di fatto, tra la fine del VI e l’inizio del V secolo a.C. troviamo eretto sul monte un importante ed articolato edificio diviso in celle ed orientato secondo gli assi cardinali. 
Per ora gli scavi hanno messo in luce i resti delle sue fondamenta soltanto in corrispondenza del lato sud-orientale del monte che guarda Asciano, proprio davanti alla porta d’ingresso dell’insediamento medievale, e in parte all’interno della cinta muraria in corrispondenza dell’angolo sud.

L’indagine archeologica degli strati di epoca etrusca è resa problematica dal fatto che questi furono in parte manomessi in epoca medievale, quando quello che restava del crollo dell’edificio fu spianato per far posto alla nuova cinta ed alle abitazioni interne. Tuttavia nelle zone marginali della vetta , dove i costruttori medievali avevano la necessità di colmare i pendii per costruire dei piani orizzontali di calpestio, gli strati etruschi appaiono intatti e quindi utili per indagare la sequenza degli avvenimenti connessi a questo edificio.

Il muro esterno è oltremodo massiccio, essendo largo quasi due metri. E’ composto da pietre connesse a secco o legate da argilla. La tecnica di costruzione è tutt’altro che rozza: infatti le pietre che formano la parte interna del muro sono connesse con tale cura che non sporge alcuno spigolo, in modo che la parete stessa risulta diritta e piatta. Dall’abbondanza dei reperti fittili (tegole e coppi) rinvenuti negli strati si arguisce chiaramente che questo edificio era coperto da un tetto di tegole.
La sua parte frontale non è ancora stata individuata, tuttavia si hanno chiare prove che l’edificio vero e proprio non si estendeva su tutta la superficie della vetta ma interessava soltanto la parte sud orientale. Infatti nella stanza B del castellare medievale, dove l’indagine archeologica si è spinta fino alla roccia di fondo, sono state rinvenute tracce di una sistemazione del profilo roccioso in modo da realizzare rampe di accesso e ripiani artificiali.

Sia all’interno che all’esterno della probabile estensione dell’edificio, negli strati di epoca etrusca non manomessi dall’intervento medievale, si rinvengono abbondanti ceramiche di uso comune, come olle (pentole) e ciotole prodotte sicuramente nel territorio di Pisa, ma anche suppellettili importate da altre parti dell’Etruria meridionale come le Pelves, cioè bacili in ceramica gialla che venivano utilizzati per miscelare liquidi o servire vivande, ed anfore provenienti anch’esse dall’Etruria meridionale ma anche dalla colonia greca di Massalia (Marsiglia; le anfore massaliote si riconoscono facilmente anche dai soli frammenti di parete perché contenevano nell’impasto dei frammenti di mica dalla lucentezza argentea) e dalla Grecia continentale.

Dunque sulla vetta del monte dovevano esserci delle comuni attività di vita quotidiana e tipiche di un insediamento stabile. Tuttavia tra i reperti rinvenuti finora sono da includere pochi frammenti di ceramiche di grande pregio che qualificano il tenore di vita dell’abitato etrusco: ceramiche greche a figure nere del VI secolo a.C., a figure rosse del V secolo a.C. e ceramiche a vernice nera sovradipinta databili al IV sec. a.C.

C’è da chiedersi quale fosse la funzione di questo importante edificio posto su una cima isolata. In realtà anche se non esistono prove inoppugnabili abbiamo a disposizione vari indizi per rispondere a questo quesito. In primo luogo l’edificio stesso, il quale, si ricordi, possiede un preciso orientamento cardinale, fu in parte costruito al di fuori del basamento roccioso naturale, in una posizione molto scomoda che ha costretto i costruttori ad elevare le fondazione per oltre due metri al fine di raggiungere la roccia di fondo. La ragione risiede forse nella natura sacra , “cultuale” della struttura che, in quanto tale, doveva essere costruita rispettando determinati canoni di dimensioni, struttura ed orientamento.
Altri chiari indizi di questo carattere sono i numerosi frammenti di ciotola con graffita una iscrizione etrusca dedicatoria e i piccoli ripostigli di oggetti in bronzo, resti di probabili offerte rituali trovate qua e là negli strati etruschi più profondi.

Un tempio dunque, un luogo sacro dedicato ad una divinità che in un certo senso rispetta le tradizioni delle città di mare che ancor oggi hanno spesso un santuario sui monti alle loro spalle, come il santuario della Guardia di Genova. Tuttavia un altro ruolo che l’insediamento etrusco poteva avere è quello classico di luogo di controllo strategico-militare. Infatti le città etrusche erano solite marcare il proprio territorio con fortezze poste sulle cime delle alture che avevano anche una funzione di culto religioso. Sulle cime dei contrafforti lato mare del monte Pisano sono diversi i balconi usati in epoca etrusca per questo fine, come il monte Spazzavento sopra Vecchiano, il monte Campaccio di Agnano, la Torre di Caprona ed infine l’altro monte Castellare sopra San Giovanni alla Vena sull'estrema punta sud dei Monti Pisani.

Dunque la vocazione strategica del monte sembra avere avuto origini assai antiche. La totale assenza di reperti oltre la fine del IV secolo a.C., periodo di regresso della potenza commerciale etrusca, testimonia che in questo periodo il tempio-fortezza etrusco è già in rovina ed abbandonato ed inizia per il monte un lungo periodo di abbandono e solitudine.

 

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