L’ALIMENTAZIONE CONTADINA NELL’ITALIA
BASSOMEDIOEVALE




Il cibo fondamentale dell' Italia bassomedioevale era naturalmente il pane. Infatti nelle campagne toscane i campi di cereali erano detti ''terre da pane''.


A questo proposito citiamo una celebre novella di Franco Sacchetti contenuta ne ''il Trecento novelle'', la n.LXVII,nella quale l'autore scrive che la pietra più preziosa che possiede l'uomo è quella cui si ricavano le macine dei mulini .


Il pane, però, non era lo stesso che si consumava sulla gran parte delle tavole cittadine, infatti l'agricoltura medioevale presentava una gran quantità di cereali coltivati, segale, orzo, avena, farro, spelta (cereali invernali) ed i cosiddetti ''bladia estivalia'' (cereali estivi) ovvero: miglio, saggina, (detta anche sorgo e, nella pianura padana (melica); fave, vecce, cicerchie, ceci, piselli, lenticchie e fagioli destinati ad usi alimentari diversi.
L'uso di farine diverse dipendeva dall'andamento dei raccolti, ad esempio la spelta e la saggina,le vecce e le cicerchie, normalmente usate per il bestiame, erano usati dall'uomo nei momenti di difficoltà alimentari. In generale, nel pane contadino, il frumento aveva uno spazio limitato tranne che nella Toscana mezzadrile dove invece vi era un largo impiego.


Per lo più si consumava pane fatto di farina di varie estrazioni nel quale,accanto al frumento, comparivano segale, orzo, più raramente spelta e saggina.Talvolta si preferiva ''tagliare'' la farina di grano con quella di fave o vecce, da cui il detto gia in uso nel trecento:


''In tempo di carestia pan veccioso''.

Generalmente ad un certo livello di vita corrispondeva una qualità di pane:pane bianco per i benestanti, pane scuro per le famiglie più povere.


Un discorso a se va fatto per la produzione di miglio che aveva un ruolo importante nell'alimentazione contadina della Toscana occidentale.


Ancora agli inizi del 1300 sia nella zona di Prato che di Lucca, si confezionava pane "migliato"; più abbondante era poi la diffusione di miglio nell'Italia padana, dove esso sara soppiantato dall'arrivo del mais dall'America. Il miglio era usato in principio nei periodi di carestia, ma va detto anche che il pane di miglio era tutt'altro che sgradevole,soprattutto se si mangiava fresco, o addirittura caldo, e si caratterizzava per una certa dolcezza.Una volta indurito, perdeva gran parte delle sue qualità, tanto che molti preferivano pestarlo e ridurlo in polvere per poi rimpastarlo con acqua e burro e farci una sorta di gnocchi (detti anche ''strangolapreti'') da cuocere nel latte e condire con burro e formaggio parmigiano.


Nella Toscana occidentale il miglio (e in misura minima anche il panico) veniva usato oltre che per le panificazioni, per fare zuppe e minestre da condirsi con olio e lardo.


Un ruolo fondamentale,soprattutto nelle zone di alta montagna Toscana, nel Lazio, in Campania, Sicilia e Calabria avevano i castagneti. Erano infatti le castagne e i marroni che permettevano alla povera gente di nutrirsi grazie al cosiddetto ''pan di legno''.


A testimoniare l'importanza delle castagne sappiamo ad esempio che a Cutigliano gli abitanti erano poverissimi e mangiavano quasi esclusivamente castagnacci ottenuti con farina di castagne. In effetti,una statistica del 1570, relativa al territorio pistoiese, stimava in 100 mila staia il raccolto di castagne secche (ma poi c'erano quelle consumate fresche) contro un di 530 mila staia tra grano e biade. Le castagne entravano in diverso modo.Quelle fresche erano mangiate lesse o arrossite; ed era questo l'uso più frequente per gli abitanti della città.Quelle secche, così ridotte grazie all'uso di forni o essiccatoi erano trasformate in farina,con la quale si confezionavano necci ,polente e castagnacci, quest'ultimi, in particolare, sostitutivi del pane.


Le castagne erano nutrimento della gente povera, e quindi dei montanari.Questo portava ad un disprezzo di questo cibo e di chi lo consumava da parte dei contadini della pianura, oltre che dai cittadini.Tra le varie testimonianze letterarie di questo fatto ci limitiamo a ricordare ''La secchia rapita'' di A.Tassoni, la contrapposizione ''alimentare'' tra contadini e montanari, chiamati per scherno i primi ''mangiarape'' e i secondi ''mangiamarroni''.


I contadini facevano anche un consumo, per lo più limitato, di carne, pesci, uova e formaggi, grani d'origine vegetali e prodotti dell'orto.


Non è dubbio che la carne fresca compariva solo raramente sulle tavole dei contadini.Nelle aree di montagna era molto sviluppato l'allevamento ovino: la carne di castrone, l'animale adulto castrato, compariva di tanto in tanto nella mensa dei produttori (pastori o contadini che fossero).


Maggiore era il consumo di carne di porco, animale tipico delle campagne medioevale. I maiali del medioevo erano diversi da quelli odierno. Raramente venivano macellati entro il primo anno di vita(come accade adesso); più frequentemente tra il primo e il secondo, ma anche nel terzo e nel quarto.Infatti le bestie crescevano più lentamente e raramente il loro peso superava superava gli 80-90 kg. Erano di colore scuro, nerastro o rosso, con i canini fortemente sporgenti:insomma porci simili a cinghiali. L'uccisione del maiale era un'occasione di festa per tutta la famiglia. L'animale veniva fatto dissanguare e il sangue era raccolto in un vaso per farne,mescolato con la farina,sanguinacci e migliacci (in certe zone si usa infatti farina di miglio). Poi la bestia veniva accuratamente pulita con acqua bollente e squartata.Le frattaglie si consumavano fresche e quasi niente della bestia veniva buttato via. Abbondante era il consumo di pesce, dato che i fiumi erano molti pescosi. Un altro ruolo importante era ricoperto dalla caccia: è noto infatti che la selvaggina abbondava un pò dappertutto.


Inoltre in campagna era fondamentale il ruolo ricoperto dagli ortaggi. Abbiamo statuti dove si obbliga il capo famiglia a fare un orto sufficiente ai bisogni del nucleo familiare.Spesso si indica la quantità di terra ''pro capite'' da tenere a orto e i vari tipi di erbe e di ortaggi da coltivare.


Nella novellistica la frugalità della mensa contadina, con gli ortaggi a far da companatico, è rappresentata spesso con efficacia. Per un cavaliere protagonista di una novella di Sabadino degli Arienti (Le Porretane,nov.XXXVIII) "le rape, gli agli, porri, cipolle e le scalogne col pan di sgorgo"sono i cibi più adatti ai rustici. Il Sercambi (nov.XV) così descrive un pasto contadino:


''La donna arregò a Bartolo un pan migliato et alquante fave fredde
e due capidagli con al quante fronde di porro. Bartolo che tutto 'l dì
vangato un campo presso a casa, avendo fame mangiò ,e simile il
giovane, parendo loro un presutto''


Alcuni giudizi che riguardano le specie d'uso sulle tavole dei ceti meno abbienti (cipolle, agli, porri, scalogna, cavolo, rape, lattuga, spinaci, zucca ecc.) sono piuttosto interessanti. Opposte sono le cosiderazioni sulla frutta che erano poco consumate e ricercate perchè facilmente deperibile e da consumarsi nell'arco di poche settimane,se non di giorni. Qualche interesse veniva dimostrato per frutti conservabili a lungo, quali noci e mandorle.


Resta da spendere qualche parola sul consumo di vino. Il vino era consumato ovunque ed è stato calcolato che in alcune città una persona adulta in media consumasse un litro di vino al giorno. La qualità di vino rispechiava le classi sociali:vini schietti e pregiati erano consumati dai benestanti che importavano anche vini dall'estero (greco, malvasia), mentre sulle tavole dei ceti umili compariva in vino limphatus (annaquato) o l'acquarello, vino di seconda spremitura.


Notizie tratte da:
“L’alimentazione contadina nell’Italia bassomedioevale”
di Giuliano Pinto
Pistoia, Societa’ Pistoiese di Storia patria 1986.


Le quattro qualità di grano:


1- Il calvello: è il piu pregiato, nonche il più richiesto perchè da esso si ottiene un pane bianchissimo.
2- Il siciliano: esso proviene dalla omonima isola, ma veniva coltivato anche nelle campagne fiorentine.
3- Il comunale:è il più comune. E’ un grano tenero.
4- Il grosso:è il meno pregiato e non è particolarmente adatto per la panificazione.


I cereali inferiori

Segale, Orzo, Spelta (due tipi: migliore e comunale), Miglio, Panico, Saggina, Fave, Vecce, Cicerchie, Mochi.


Menu' dei soggetti
Menu' principale
Home page