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Una guida ai Musei
Volterra è città d’arte che, come poche altre, può
documentare con i suoi monumenti qualcosa come tremila anni di storia.
Non si sorprenda pertanto il gradito ospite se in un centro di pur
piccole dimensioni ha I'occasione di visitare ben tre Musei veramente notevoli
e interessanti per la qualità e la quantità delle opere che
in essi sono raccolte.
Musei che comunque non intendono proporsi alla sua attenzione solo
come testimonianze di un impegno, pur doveroso, alla tutela e conservazione
di un ragguardevole patrimonio artistico ma che rappresentano I'espressione,
attraverso le esposizioni temporanee su tematiche ben individuate e le
attività didattiche, di una sensibilità cittadina tesa a
valorizzare adeguatamente quanto il passato ci ha consegnato.
Questo opuscolo vuole pertanto invitare il visitatore a percorrere
un itinerario, dagli Etruschi a ben oltre il Rinascimento, che siamo certi
saprà stimolare e soddisfare i suoi interessi culturali.
La suggestive "modernità" delle forme allungate dell'Ombra
della sera o lo sguardo inquietante dei due anziani coniugi
raffigurati sull’urna degli sposi valgono da soli una visita al Guarnacci,
uno dei più antichi Musei pubblici d'Europa.
Il bel palazzo dove sono esposte le migliaia di testimonianze del passato
etrusco e romano di Volterra, I'arredo di alcune sale, alcuni criteri dell'esposizione
sono anch'essi storia di un certo modo di fare cultura.
Pertanto quanti, oggi, visitano il Museo hanno, forse, I'impressione
di trovarsi di fronte a un Museo dai due volti e, diremmo, dalle due anime:
una antica, riflessa in sale con vecchi mobili e moltissimi oggetti spesso
collocati gli uni accanto agli altri solo perché sono fatti dello
stesso materiale, e una contemporanea, rispecchiata in spazi di concezione
attuale con pochi significativi reperti corredati di didascalie e pannelli
esplicativi.
Questa caratteristica nasce da scelte precise che hanno tenuto conto
dei modi e dei tempi che hanno generato I'Istituzione e che sono, ancor’oggi,
un documento da non trascurare in quanto esso stesso testimonianza storica
al pari dei reperti etruschi conservati.
D'altra parte il Museo, fin dalia nascita, ha avuto il pregio della
tendenza costante all'accrescimento dell'originaria raccolta, dapprima
attraverso acquisti e scambi, poi facendosi esso stesso promotore e protagonista
di scavi e ricerche mirati a una conoscenza sempre più approfondita
della realtà archeologica della città e del suo territorio.
E’ finito per diventare, in sostanza, il luogo della memoria storica
della città antica, etrusca e romana.
Il Museo nasce alla metà del Settecento in quel periodo di intensi
studi e ricerche sulle antichità italiche durante il quale Volterra
fu una vera e propria capitale culturale.
Mario Guarnacci (1701-1785), bizzarro personaggio pienamente inserito
nello stimolante mondo delle Accademie settecentesche, fu I'artefice della
creazione di una raccolta stabile di antichità a Volterra e un abilissimo
promotore dell'immagine della città nel vivace panorama culturale
dell'epoca. Il ricco abate volterrano, oltre che eruditissimo storico,
era un collezionista, al pari di tanti altri contemporanei personaggi di
tutta Europa, ma fu tra i primi a rendersi conto che le sue acquisizioni
impedivano che la grande quantità di reperti scaturita dalle ricche
necropoli volterrane si disperdesse. Quando poi donò i frutti
delle sue ricerche, raccolti in decenni di impegni gravosi anche sul piano
finanziario, al "pubblico della città di Volterra", sanzionò,
di fatto, il passaggio di un patrimonio privato alla comunità che
ne diveniva, da quel momento, proprietaria a tutti gli effetti.
Nel 1877, dopo svariate vicissitudini, il Museo fu trasferito dal Palazzo
dei Priori e collocato nell'attuale sede di Palazzo Desideri-Tangassi.
Il direttore dell'epoca, Niccolò Maffei, vi dispose gli oggetti
facendo tesoro di quanto, allora, la ricerca più aggiornata, andava
teorizzando. Ne è un esempio significativo la collocazione delle
seicento urne cinerarie ordinate sul criterio del rilievo rappresentato
sulla cassa e la disposizione degli altri materiali per classi tipologiche,
i bronzi, le oreficerie, i vetri, gli avori, le ceramiche e via dicendo.
Tale criterio espositivo risult6, ben presto, superato, e vennero anche
a mancare gli spazi, poiché il Palazzo conteneva anche la vastissima
Biblioteca e I'Archivio Storico Comunale. Dopo oltre un secolo il Museo
ha colto I'occasione di rinnovarsi profondamente. Trasferiti la Biblioteca
e I'Archivio nell'adiacente palazzo Vigilanti, una sede più idonea
alla conservazione dell'ingente patrimonio documentario, tutto il vastissimo
secondo piano del palazzo dove erano contenuti, è stato destinato
all'esposizione della tematica dell'artigiano artistico in periodo ellenistico.
Un tale piano di lavoro ha comportato I'esigenza di offrire un percorso
ordinato anche sul piano cronologico, dal momento che il periodo ellenistico
è I'ultimo dal punto di vista della storia etrusca, quello che prelude
all'integrazione nello stato romano.
Per questo motivo d stato ricavato, al piano terreno, un itinerario
estremamente sintetico che prevede una scelta significativa di monumenti
del periodo villanoviano, orientalizzante, arcaico e classico che prosegue
al secondo piano dove, come sopra accennato, ha il dovuto spazio il momento
della grande fioritura della Volterra etrusca, quello dal IV al I secolo
a.C..
La Pinacoteca di Volterra ha la sua origine nel 1842, quando Luigi Fedra
lnghirami, operaio della cattedrale, iniziò a raccogliere nella
cappella di S. Carlo (annessa al duomo) alcuni dipinti provenienti da chiese,
monasteri e compagnie soppresse della città.
Nel 1905, su proposta di Corrado Ricci, si addiviene alla costituzione
di una galleria pittorica comunale, al secondo piano di Palazzo dei Priori,
dove vengono depositate le opere più significative presenti nella
cappella di S. Carlo, altre di proprietà comunale e demaniale nonché
alcuni dipinti provenienti da chiese ed enti cittadini.
Dal 1982 la Galleria Pittorica, o Pinacoteca, è ospitata nelle
sale del Palazzo Minucci-Solaini, esempio notevole di palazzo tardo-quattrocentesco,
tradizionalmente attribuito ad Antonio da S. Gallo il Vecchio. Oggi
alla Pinacoteca, che costituisce la sezione più importante, si affianca
il Museo Civico, costituito da opere di grande interesse storico-artistico,
pertinenti ad enti non più in grado di assicurarne una adeguata
tutela o una soddisfacente valorizzazione.
Tra le opere più significative segnaliamo, oltre la celebre
e grandiosa tavola della Deposizione
del Rosso Fiorentino, i polittici di Taddeo di Bartolo, di Alvaro
Pirez e di Cenni di Francesco, la Pietà di Francesco Neri da Volterra,
una predella con storie della Vergine di Benvenuto di Giovanni, due sculture
lignee di Francesco di Valdambrino, la pala del Cristo
in Gloria di Domenico Ghirlandaio, la Sacra Conversazione e
I'Annunciazione di Luca Signorelli da Cortona, un cospicuo materiale di
sculture e ceramiche medievali, un ricco medagliere (interessante la collezione
medicea) nonché una raccolta numismatica di notevole interesse.
La Pinacoteca organizza mostre ed esposizioni temporanee, talvolta
in collaborazione con altri enti ed istituti, con particolare riguardo
al patrimonio culturale cittadino. Conferenze e seminari di studio su argomenti
attinenti le raccolte fanno ormai parte dei programmi abituali. Nel
periodo estivo, i concerti che si tengono nel museo costituiscono una gradita
occasione per una visita ragionata delle singole raccolte. L'attività
didattica, estesa a tutta la cittadinanza, si rivolge in particolare alle
scuole e agli studenti di ogni livello, offrendo percorsi finalizzati alla
conoscenza e all'analisi delle singole realtà artistiche.
Il Museo di Arte Sacra ha sede nei locali dell'antica canonica, oggi
Palazzo Vescovile. L'esposizione presenta opere provenienti dalla
Cattedrale e da chiese della Diocesi; ma il suo pregio maggiore è
quello di conservare, oltre ad alcuni dipinti, sculture in legno e fittili,
paramenti sacri, le uniche sculture in marmo superstiti dei monumenti trecenteschi
eretti nella Cattedrale. L'influenza pisana durante il Duecento si evidenzia
nelle eleganti formelle del recinto presbiteriale e dell'antico altare
maggiore della Cattedrale, sei delle quali qui collocate, insieme ai calchi
delle altre otto, che sono attualmente sistemate a guisa di paliotto sotto
il monumento dell'lncontri in Cattedrale.
I più importanti e noti fra i marmi trecenteschi sono le sette
formelle rettangolari a rilievo che illustrano episodi della vita dei santi
Ottaviano e Vittore, attribuite dal Venturi ad Agostino di Giovanni ed
Agnolo della Ventura.
I quattro medaglioni circolari con i busti dei santi Giusto, Clemente,
Ottaviano, e Vittore, eseguiti a bassorilievo sono attribuiti al grande
Tino di Camaino. Il sarcofago romano databile nei primi secoli d.C., segna
il più precoce caso di riuso essendo stato impiegato come sepolcro
del vescovo Goffredo nell'anno 1037.
Interessante per la pittura è il Crocifisso dipinto su tavola
a forma di croce eseguito da artista vicino a Giunta Pisano. lnoltre vi
è la pala di Ulignano, creata da Daniele Ricciarelli nel 1545, e
la pala di Villamagna del Rosso Fiorentino, che la esegui lo stesso anno
1521 della più celebre Deposizione oggi nella Pinacoteca.
Nelle vetrine, fra i vari oggetti contenuti, come custodie di cuoio,
croci, turiboli, navicelle, reliquiari sono da segnalare il busto reliquiario
di S. Ottaviano in argento sbalzato e rame dorato, opera di Antonio del
Pollaiolo e la bellissima croce d'argento a doppia faccia, con disegni
cesellati, foglie e ghiande, con dodici figure smaltate.
Il ciborio di alabastro (1575) e I'acquasantiera in marmo e alabastro
(1567) sono squisiti oggetti che documentano la ripresa dell'attivittà
artigianale alabastrina, interrottasi dopo il medioevo. Una raccolta
di parati sacri (XV-XIX sec.), due libri corali in pergamena con notazione
gregoriana e miniature eseguite da Frate Agostino nel 1299, chiudono la
rassegna di questo piccolo, ma interessante Museo.